giovedì 28 novembre 2019

Libertà, eguaglianza, solidarietà

Questo post prende spunto da una conversazione con Laura Tafani che, durante un recente incontro all’Accademia della Crusca, mi chiedeva quale peso avesse il binomio “libertà ed eguaglianza” nei discorsi parlamentari. Sul momento mi ricordavo solo che le occorrenze della parola libertà erano di gran lunga maggiori rispetto a quelle di eguaglianza, ma la domanda meritava una risposta molto più documentata e il tema, soprattutto, è molto intrigante. Eccomi quindi pronto a rendere conto delle mie esplorazioni.

« Liberté, Égalité, Fraternité » è il motto associato alla Rivoluzione francese quindi dobbiamo trovare la forma in italiano della terza parola. Di solito fraternité è tradotto come fraternità o fratellanza, ma la fortuna di questi due termini nel linguaggio contemporaneo non è nemmeno lontanamente paragonabile agli altri due.

Il motto che identifica i valori della repubblica francese fu proposto per la prima volta ufficialmente il 5 dicembre 1790. Robespierre in un intervento al club dei giacobini (mai pronunciato, ma pubblicato in seguito in un opuscolo) propose che le guardie nazionali portassero scritto sul petto le parole «  Liberté, Égalité, Fraternité » (in questo ordine) e che le stesse parole fossero scritte sugli stendardi con i colori della nazione [1].

Per la storiografia rivoluzionaria la fraternité ha sempre svolto il ruolo di parent pauvre [2] e non appare come parola chiave degli ideali della rivoluzione: non è presente nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 16 agosto 1789 e nemmeno nella Costituzione del 3 settembre 1791. Negli Archives parlementaires della Rivoluzione francese (interrogabili con PhiloLogic4 dell'Università di Stanford) per gli anni disponibili dal 1789 al 1793 la frequenza relativa di fraternité è pari a 0,51 per 10.000 parole contro 9,29 di liberté e 2,11 di égalité.

La consacrazione definitiva di fraternité come terza parola del motto avviene solo con la Costituzione del 4 novembre 1848 ma poi cade nuovamente nell’oblio fino alla Costituzione della V Repubblica, 4 ottobre 1958, in cui il motto ricompare al completo nell’articolo 2 come divisa della Repubblica francese [3].

La fratellanza è un concetto che fa molta fatica a trovare una collocazione giuridica e politica. La parola più affine è solidarité, un concetto più generalizzato (solidarité des travaillerurssolidarité nationelle) che si associa anche al concetto di giustizia distributiva. Inoltre è da segnalare il recente dibattito che si è aperto in merito alla riforma costituzionale proposta da Emanuel Macron. Tra le raccomandazioni indicate dal “Haut conseil à l'Egalité entre les femmes et les hommes” in vista di un riconoscimento più efficace dell’uguaglianza di genere vi è anche quella di sostituire fraternité con solidarité adelphité, una parola quasi sconosciuta agli stessi francesi [4].

Anche in italiano il termine più affine a fraternité è sicuramente solidarietà. Sulla parola liberté sebbene ricca di sfumature semantiche, non c’è molto da dire per quanto riguarda la traduzione. Invece égalité ha due sinonimi in italiano, uguaglianza ed eguaglianza, al quale è necessario aggiungere il termine equità che, come vedremo, è utilizzato con lo stesso significato generale.

Uno sguardo sulle occorrenze permette di farsi un'idea più precisa del peso di queste forme lessicali nel linguaggio dei nostri leader. Nella forma libertà non sono conteggiate le occorrenze riferite a Polo delle (per le) libertà e alla denominazione Giustizia e libertà.

Tab. 1 - Forme selezionate dal Corpus LP4 che fanno riferimento al campo semantico libertà - eguaglianza - fraternità.

 Forma o < Lessema >
Occorrenze
 Frequenze relative per 10.000 
 libertà
2.997
5,35 
eguaglianza >
101
0,18
 < uguaglianza >
71
0,13 
diseguaglianza >
39
0,07
ineguaglianza >
8
0,01
disuguaglianza >
32
0,06
 equità
136
0,24
 solidarietà
1.342
 2,40
 fraternità
17
0,03
 fratellanza
3
0,005


La netta prevalenza di libertà era nelle attese.

I riferimenti all'eguaglianza sono davvero pochi: complessivamente per tutte le forme del campo semantico si tratta di 387 occorrenze pari a una frequenza relativa di 0,69 per 10.000 parole.  Il concetto di eguaglianza sembra che nella sua formulazione politica provochi qualche forma di imbarazzo.

Solidarietà ha avuto maggior fortuna, con una frequenza relativa, complessivamente, di 2,43 per 10.000 parole.

Libertà nel corpus LP4 è tra i dieci nomi astratti più frequenti insieme a problema (7.413), maggioranza (6.291), responsabilità (4.148), crisi (3916), paesi (3.359),  democrazia (3.257), realtà (3.190), possibilità (2.662), necessità (2.222). Secondo Gianrico Carofiglio “libertà è parola difficile da maneggiare e - in parallelo con un'altra parola importante, ambigua e pericolosissima: popolo - più di altre soggetta agli abusi dei ladri di parole”[5]. Per questo è sempre bene - per essere precisi - definire la libertà attraverso una cornice di leggi che ne garantiscono l'esercizio. L'uomo libero è sempre al servizio della legge.

Una analisi del contenuto [6] delle concordanze di ciascuna forma permetterà di avere un quadro più completo della loro utilizzazione nel contesto del discorsi.

Le concordanze della della forma libertà permette di identificare due gruppi di significato:
1 - La libertà intesa come valore universale, come qualificazione della democrazia, garanzia di giustiziaprogresso e pace (65,5% delle concordanze). Sono soprattutto Giuseppe Saragat e Aldo Moro a far uso di questo concetto di libertà.
2 - La libertà qualificata da riferimenti concreti (34,5% delle concordanze) come la libertà religiosa, la libertà garantita dalla legge, la libertà della donna, la libertà di stampa, la libertà di coscienza e la libertà sindacale. Marco Pannella, Emma Bonino e Bettino Craxi si distinguono per questo utilizzo più mirato e concreto della libertà.
Una sovra-utilizzazione della parola libertà è presente nei discorsi di Silvio Berlusconi, ma in un contesto poco caratterizzato se non come richiamo di principio, come valore assoluto e privo di contesto che rientra un po' a fatica nel primo gruppo. Anche nei discorsi di Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti libertà è sovra-utilizzata, rientrando in entrambe le sfere con forti connotazioni legate alla libertà riconquistata e al ristabilirsi delle libertà politichedemocratiche e costituzionali.

Le concordanze di eguaglianza, per tutto il campo semantico compresa la forma equità, sono state classificate in tre gruppi:
1 - L'eguaglianza formale intesa come eguaglianza dei dirittipolitica e giuridica (40,6% delle concordanze). Questa è l'eguaglianza che si esprime nei discorsi di Palmiro Togliatti, associata spesso alla libertà. Nei discorsi di Giorgio Almirante i riferimenti all'eguaglianza giuridica è riferita prevalentemente ai rapporti tra i cittadini di lingua italiana e di lingua tedesca in Alto Adige.
2 - L'eguaglianza intesa come riduzione e superamento delle diseguaglianze e degli squilibri (17,5% delle concordanze). Con questo significato si presenta soprattutto nei discorsi di Bettino Craxi.
3 - L'eguaglianza intesa come equità distributiva, giustizia sociale, tutela dei più deboli e coesione nazionale (41.9). Con questo significato equità è il termine più utilizzato da Romano Prodi e Massimo D'Alema.
Oltre a Craxi e Togliatti, solo Fausto Bertinotti nei suoi discorsi sovra-utilizza forme che rimandano complessivamente all'eguaglianza. La parola equità è sovra-utilizzata solo da Prodi e D'Alema.

La classificazione delle concordanze di solidarietà individua quattro gruppi distinti:
1 - La solidarietà intesa come espressione formale di partecipazione e vicinanza al collega, alla famiglia, alle vittime in occasione di eventi drammatici oppure di decisioni rilevanti sul piano umano o politico (31,5% delle concordanze). Con questo significato appare di frequente nei discorsi di Giorgio Almirante e Pier Ferdinando Casini.
2 - La solidarietà democratica e nazionale si esprime nella formazione delle maggioranze politiche, per favorire lo sviluppo e la collaborazione internazionale (35,5%). In questa accezione la solidarietà è utilizzata prevalentemente da Giuseppe Saragat e Francesco Cossiga.
3 - La solidarietà sul piano europeo e occidentale è associata al rispetto dell'alleanza atlantica, degli obblighi difensivi e militari, nella prospettiva dell'integrazione europea (17,1%). Questa solidarietà che guarda alla politica estera degli anni Sessanta e Settanta è presente prevalentemente nei discorsi di Aldo Moro e Amintore Fanfani.
4 - La solidarietà come valore, associato all'inclusione sociale, alla responsabilità, al sentimento di comune appartenenza e alla vicinanza con la lotta dei popoli liberi (15,9 %). Questo, che propriamente rappresenta il concetto di solidarietà più vicino alla "fraternité" del motto rivoluzionario, è il significato meno frequente e non caratterizza in modo deciso nessun leader in particolare. Possiamo solo segnalare una tendenza significativa in Amintore Fanfani, Enrico Berlinguer e Alcide De Gasperi.
La forma solidarietà, complessivamente, è sovra-utilizzata soprattutto da Moro, Saragat, Casini, Cossiga e De Gasperi.

Nel seguente prospetto proviamo a rappresentare una sintesi dell'analisi del contenuto appena illustrata. Con il segno + sono indicati i leader che sovra-utilizzano in modo significativo i termini indicati nelle concordanze con probabilità < 0,001.

Tab. 2 - Classificazione delle concordanze di Libertà, Eguaglianza e Solidarietà.

Concordanze: Libertà 
Forme più significative nel gruppo
 Leader caratterizzanti nel gruppo
 1. Libertà come valore universale - 65,5%
democrazia, popolo, giustizia, progresso, pace, progresso, valori
Giuseppe Saragat
Aldo Moro
Silvio Berlusconi +


2. Libertà con riferimenti concreti - 34,5%
Costituzione, libertà religiosa, legge, libertà della donna, libertà di stampa, libertà sindacale, libertà di coscienza

Marco Pannella
Emma Bonino
Bettino Craxi
Alcide De Gasperi +
Palmiro Togliatti +
Concordanze: Eguaglianza
Forme più significative nel gruppo
 Leader caratterizzanti nel gruppo
1. Eguaglianza giuridica e politica - 40,6%
cittadini, libertà, diritti, principio, Costituzione, giuridica, voto, tedesca
Palmiro Togliatti +
Giorgio Almirante
2. Diseguaglianza e disparità - 17,5%
diseguaglianza, ricchezza, lotta, ridurre, squilibri, disparità
Bettino Craxi +
Fausto Bertinotti +
3. Equità distributiva - 41,9%
equità, giustizia, solidarietà, riforme, risanamento, coesione

Romano Prodi +
Massimo D'Alema +
Concordanzel: Solidarietà
Forme più significative nel gruppo
 Leader caratterizzanti nel gruppo
1. Solidarietà come espressione formale - 31,5%
esprimere, presidente, famiglia, ministro, collega, manifestare, sincera, occasione
Giorgio Almirante 
Pier Ferdinando Casini +
2. Solidarietà nazionale e internazionale - 35,5%
politica, democratica, nazionale, sociale, concreta, maggioranza
Giuseppe Saragat +
Francesco Cossiga +
3. Solidarietà atlantica ed europea - 17,1%
europea, occidentale, atlantica, alleanza, occidente, obblighi, integrazione
 Aldo Moro +
Amintore Fanfani
4. Solidarietà come valore - 15,9%
libertà, comune, ragioni, collettiva, pace, popoli, lotta, difesa
Amintore Fanfani
Enrico Berlinguer
Alcide De Gasperi +


Nella cornice dei discorsi parlamentari dei leader selezionati per il corpus LP4 non si delinea un chiaro criterio di distinzione tra destra e sinistra collegato all'uso di libertà ed eguaglianza come fu suggerito da Norberto Bobbio nel suo famoso saggio del 1994 [7]. Secondo Bobbio nei movimenti di centro-destra vi sarebbe un prevalente apprezzamento dei valori libertari, mentre nei movimenti di centro-sinistra si privilegiano i valori egualitari. Nei discorsi parlamentari esaminati, l'egualitarismo occupa una posizione molto modesta, anche se si delinea una inclinazione più marcata nei leader di centro-sinistra. La scarsa attenzione per l'egualitarismo e per i processi di inclusione sostanziale che dovrebbero guidare le politiche sociali vengono da molto lontano.

Questa mattina, mentre stavo scrivendo la conclusione di questo post, su la Repubblica è apparsa la recensione di Ezio Mauro al bel volume di Aldo Schiavone, Eguaglianza, pubblicato da Einaudi. C'è di che riflettere. Data l'importanza del problema credo che la politica dovrebbe provvedere al più presto prima che i fondamenti della democrazia così come l'abbiamo conosciuta fino ad oggi siano compromessi per molti anni a venire.

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mercoledì 25 settembre 2019

Il lessico parlamentare di Enrico Berlinguer

Enrico Berlinguer (Sassari 1922 - Padova 1984), segretario del Partito comunista italiano dal 1972 fino alla sua tragica morte l'11 giugno del 1984, qualche giorno prima delle elezioni europee sul palco di un comizio a Padova, è stato il leader di sinistra della Prima Repubblica più amato dai compagni del suo partito e più rispettato dai suoi avversari. Intorno a Berlinguer - già durante gli ultimi anni della sua segreteria - si è costruito il vero e proprio mito. Alcuni suoi oppositori, soprattutto negli ultimi anni, hanno tentato - senza successo - di presentarlo come un "falso mito", come colui che solo in apparenza aveva portato il PCI furori dalla sfera d'influenza sovietica e quindi come l'erede della doppiezza politica rappresenta in modo esemplare da Palmiro Togliatti.


Enrico Berlinguer, ancora oggi, rimane per tutti l'uomo che ha posto per primo la "questione morale" come problema politico nazionale. Il 27 novembre 1979 in una burrascosa direzione del partito Berlinguer propose di indicare il PCI come perno e come garante di una soluzione di governo che evitasse le elezioni anticipate. Il giorno dopo l'Unità pubblicava il documento approvato la sera prima in cui la questione morale era presentata come ≪la questione nazionale più importante [...] di fronte alla catena di scandali, di deviazione degli apparati dello Stato e di intrighi di potere≫. Per ristabilire un rapporto di fiducia tra i cittadini e lo Stato veniva posto come necessario ≪un cambiamento radicale nella guida politica del paese≫ [1]. Si ripresentavano così quelle formule come "compromesso storico" e "solidarietà nazionale" che avevano caratterizzato l'ultima stagione politica e che si erano bruscamente interrotte o erano state "congelate" con il rapimento e assassinio di Aldo Moro nella primavera del 1978.

Sul linguaggio politico di Enrico Berlinguer sono stati condotti pochi studi e soprattutto con poca sistematicità. Esprimo questa convinzione sulla base anche del parere di Maria Vittoria dell'Anna [2] che cita i lavori di Erasmo Leso (1994), Alessandro Sanzo (2006) e Riccardo Gualdo (2009) nei quali vengono studiati i caratteri dell'argomentazione e della tradizione retorica di Berlinguer, mettendo in evidenza però l'assenza di studi testuali e lessicali su corpora estesi ed eterogenei per tipo e per cronologia.

Le osservazioni che seguono non possono colmare del tutto queste lacune, ma almeno possono offrire un primo contributo empirico documentato, lessicografico e lessicometrico, focalizzando l'attenzione sul corpus degli interventi parlamentari.

Il sub-corpus di Enrico Berlinguer nel corpus LP4 è costituito di 22 interventi dalla V alla IX legislatura per un totale di 112.817 occorrenze e 11.336 parole distinte.

Applicando la procedura statistica di estrazione delle parole specifiche (test della ipergeometrica) si individua il lessico di sovra-utilizzazione, cioè le parole e i costrutti lessicali utilizzati in misura superiore rispetto agli altri leader rappresentati nel corpus nel suo complesso. Nella tabella 1 sono elencate tutte le forme grafiche con almeno 10 occorrenze e probabilità inferiore a 1 su 1000 di essere state scelte come evento casuale. Dall'elenco sono state escluse le parole grammaticali o funzionali (quelle che convenzionalmente vengono anche dette “parole vuote”), i numeri e le date.

Tab. 1 - Vocabolario delle parole specifiche sovra-utilizzate nel corpus di Enrico Berlinguer.

Nel prospetto qui di seguito ho selezionato alcune delle forme più interessanti - ordinate secondo il rango - tra le prime 50 di ciascuna categoria grammaticale (le forme con categoria ambigua J sono state riclassificate tramite le concordanze).

Nomi
Verbi
Aggettivi
paese
partiti
Democrazia Cristiana
Italia
forze
partito
crisi
vita
lavoratori
lotta
partito comunista
opposizione
soluzione
questione
sviluppo
partito socialista
società
accordo
iniziativa
linea
necessità
centrosinistra
direzione
rinnovamento
decisione
esigenza
movimento operaio
riconoscimento
sostanza
funzione
classe operaia
soluzioni
masse
metodo
cause
conseguenza
masse popolari
contraddizioni

superare
giungere
consideriamo
sembrano
richiamare
sviluppare
avanzare
insistere
comprende
richiedono
esige
significherebbe
ribadiamo
spingere
divenuto
rivolgiamo
isolare
proponga
rispondiamo
neghiamo
sollecitiamo
sperimentare

politica
politico
democratico
nuovo
generale
grandi
democratica
nazionale
politici
politiche
attuale
democratiche
socialisti
democratici
popolari
positivo
piena
reale
essenziale
aperto
governativa
popolare
pregiudiziale
fascista
americana
positiva
unitario
coerente
principale
organico
singolare
consapevoli
indispensabili


Non troviamo in questo elenco le parole e le espressioni attese come eurocomunismosolidarietà nazionalecompromesso storico che sono state formulate preferibilmente in interventi scritti, in documenti di partito o durante i comizi. La famosa questione morale è presente con 2 occorrenze ma non è evidenziata perché - nonostante quello che si può pensare - non è stata mai sovra-utilizzata in modo statisticamente significativo da Berlinguer in parlamento rispetto ad altri leader come Umberto Bossi e Gianfranco Fini.

Invece nell'elenco troviamo quelle parole asciutte, didascaliche, con chiaro intento didattico, che già aveva evidenziato in parte Michele Cortelazzo [3]:
  • i sostantivi: soluzione, esigenza, sostanza, funzione, metodo, cause, conseguenza;
  • i verbi: richiamare, sviluppare, significherebbe, rispondiamo, neghiamo, sperimentare;
  • gli aggettivi: positivo, reale, essenziale, aperto, coerente, organico, singolare, consapevoli, indispensabili.
Ci sono le parole fortemente ancorate alla tradizione ideologica di matrice marxista e al lessico di Palmiro Togliatti: lavoratorimovimento operaioclasse operaiamassemasse popolari. Vi è la piena e totale consapevolezza del valore alto della politica, della mediazione dei partiti e della democrazia.

Questi caratteri si ritrovano con maggiore evidenza nelle espressioni e nei costrutti lessicali più complessi, come possiamo osservare in questa tabella (cliccare per accedere all'elenco completo)

Tab. 2 - Espressioni specifiche sovra-utilizzate nel corpus di Enrico Berlinguer.

e  in particolare in quelle più significative:

forze democratiche
forze popolari
forze di sinistra
linea politica
grandi masse
iniziativa politica
dialettica parlamentare
libera dialettica
personale politico
paesi capitalistici
gruppi capitalistici.

E ancora, vi è la tensione all'incontro tra forze politiche diverse ma necessariamente votate alla collaborazione per il bene del paese:

partiti democratici
sinistre democristiane
dirigenti della Democrazia Cristiana
dirigenti democristiani
mondo cattolico
movimento operaio italiano
partiti costituzionali
alternativa di sinistra
altre forze democratiche
forze socialiste
funzionamento del Parlamento
funzionamento dello Stato
mancanza di coraggio
movimento operaio e popolare
settori della maggioranza
capacità di iniziativa
istituzioni rappresentative
politica unitaria

Nelle espressioni esclusive troviamo le locuzioni che - sebbene più rare -  rappresentano in modo ancora più incisivo alcuni dei passaggi più rilevanti degli interventi parlamentari di Enrico Berlinguer, come la famosa pregiudiziale anticomunista (con 9 occorrenze esclusive, ma ancora più frequente nell'argomentazione complessiva dei discorsi) che era stata messa a fondamento di una "democrazia bloccata" e dell'alleanza di centrosinistra tra la Democrazia Cristiana e il Partito socialista di Bettino Craxi. Sulla stessa linea di pensiero troviamo: superamento del centrosinistraavversari apertiun processo politico nuovo e una svolta democratica. 

Tab 3 - Espressioni esclusive di Enrico Berlinguer.

                 
pregiudiziale anticomunista
partiti del movimento operaio
un processo politico nuovo
una svolta democratica
lavorare e lottare
superamento del centrosinistra
pressione democratica

avversari aperti
scissione socialdemocratica
violenza squadristica
le altre forze di sinistra
forze democratiche e di sinistra
iniziativa socialdemocratica
Tra le espressioni sovra-utilizzate vi sono alcuni riferimenti forti all'identità di partito e alla rivendicazione di una linea politica solida e unitaria tipica di quegli anni e che fanno parte del mito che si è realizzato intorno alla leadership politica di Enrico Berlinguer.


nostro partito
noi comunisti
da parte nostra
la nostra opposizione
noi consideriamo
nostro regime democratico
le nostre proposte
nostra astensione
il nostro appello
la nostra battaglia
la nostra iniziativa
la nostra autonomia
noi non condividiamo 


Invece nella retorica berlingueriana parlamentare non vi sono riferimenti certi sull'uso significativo delle metafore militari, come sostenuto da Alessandro Sanzo [4]. Tuttavia le caratteristiche del corpus da me utilizzato sono molto diverse dai discorsi e dagli articoli dei primi anni di dirigenza giovanile nel partito comunista di Enrico Berlinguer. I documenti esaminati da Sanzo sono spesso rivolti direttamente ai militanti e utilizzati come materiale didattico per i quadri della FGCI, il che non permette di trarre dei confronti conclusivi.

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sabato 31 agosto 2019

Popolo e gente



Seguendo il suggerimento di Paola Villani [1], fine studiosa del linguaggio ed esperta di usi parlamentari, mettiamo sotto osservazione popolo e gente, due parole che nel Nuovo De Mauro, nella marca d'uso del vocabolario fondamentale,  sono presentate così:
popolo: l'insieme degli individui che si considerano o sono considerati appartenenti a una stessa collettività spec. etnicamente omogenea, in quanto abitano un territorio geograficamente o politicamente definito o hanno in comune lingua, cultura, tradizioni, ecc. [...].
gente: 1. gli esseri umani nella loro totalità, il genere umano; le persone in generale, gli altri [...] | numero indeterminato di persone [...] 2. insieme di persone contraddistinte da una caratteristica comune [...].
Il Vocabolario della Crusca, 4a edizione (1729-1738), popolo sta per "moltitudine di persone" (vol. 3, pag. 660) e gente sta per "moltitudine d'uomini, nazione, popolo" (vol. 2, pag. 586) [2].
L'estensione della definizione alla nazione ci porta ad allargare lo sguardo verso altre parole che condividono lo stesso campo semantico: paese e patria. Tutte queste forme indicano l'appartenenza a un Noi,  dall'identità collettiva forte della forma patria fino alla più generica gente, entrata di recente nel linguaggio politico e connotata, almeno all'inizio, da qualcosa di positivo, che si contrappone al palazzo [3].

Nel dettaglio questo è il lessico che nel corpus LP4 fa riferimento al campo semantico delimitato da popolo e gente:


Il popolo come soggetto della vita politica non è sempre stato inteso come un tutto unitario. Oggi ci appare così in seguito ai grandi processi di affermazione dei diritti di cittadinanza nelle democrazie moderne e alla luce della contrapposizione storica tra élites e masse popolari.
Il popolo, insieme al Senato, aristocrazia dei nobili, è il secondo pilastro dello Stato romano. Di volta in volta, il popolo rappresenta solo una parte della società romana: i contadini e gli artigiani che si sono progressivamente integrati dopo la fine della monarchia, i cittadini chiamati al voto nei comitia oppure "l'insieme degli uomini in armi", così come sono indicati con il termine poplo, nella traslitterazione latina, anche nelle tavole eugubine [4], risalenti al III-II sec. a.C.
Il popolo diventa espressione di unità solo nell'età moderna, prima con la rivoluzione inglese del 1688-89, in cui il popolo con i suoi rappresentanti in parlamento affianca l'operato del re, e poi con la rivoluzione francese, in cui si pone come fondamento unico dell'unità politica nazionale aprendo la via alla formazione degli stati-nazione dell'Ottocento [5], com'è attestato anche dal primo significato di popolo registrato da Niccolò Tommaseo [6]:
≪Nazione, Moltitudine di uomini nati in un medesimo paese, o viventi sotto le medesime leggi≫.
Tuttavia lo stesso Tommaseo non esita, dopo aver elencato tutte le diverse sfumature di significato, ad affermare che:
≪Gli usi varii e indeterminati di questo vocabolo dimostrano quel che ha d'incerto e di confuso, e quel che ha di provvidamente promiscuo, la storia delle umane famiglie. I signif. del gr. Genos, Laos, Demos, Plethos, Ethnos, appaiono più nettamente distinti; e anche ciò prova come la storia gr. nella varietà sua porti meno diversità che la storia italiana, dico e dell'Italia antichissima e della impastata dal dominio di Roma. Ai Lat. Gens, Natio, populus avevano altri sensi che i greci a qualche modo corrispondenti; e più ancora li hanno nella ling. it. de' varii secoli i suoni stessi. Molta storia arcana rinchiudesi nella denominazione, per istinto e quasi per fatto usit., di Popoli italiani. Non fu detto Genti, perchè razze diverse. Fino a' dì nostri non fu detto Nazione, né in senso genealog. (come dicevasi la nazione fiorentina, la senese), né in senso polit., perché I popoli d'Italia non formavano nazione italiana≫.
Popolo e nazione trovano una sintesi nell'atto di unione del 1707 tra Inghilterra e Scozia in cui prende vita il Regno Unito di Gran Bretagna. Da questo momento in poi, per tutto il Settecento, l'idea di nazione come unità culturale, letteraria e linguistica assume una dimensione politica concretizzandosi in una appartenenza territoriale. Ad essa si contrappone il cosmopolitismo dei "cittadini del mondo", guardati con sospetto e aperta ostilità,  intellettuali senza patria, che non prendono dimora in nessun paese. Così li vede J.J. Rousseau e lo stesso Giuseppe Mazzini: "colui che non ha una patria non è un buon cittadino" [7].

Nel contesto di questi concetti politici complessi, quando la Costituzione italiana si riferisce al popolo utilizza parole precise e inequivocabili:
≪L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1)≫.
Questa precisazione è necessaria per i Costituenti perché già nel corso dell'Ottocento quel popolo che si presentava come unità della nazione e fonte della legittimità politica aveva assunto presto una connotazione ideologica divisiva, utilizzato nella lotta politica in contrapposizione con i ricchi, i capitalisti, le élites. Da qui ha origine quella contrapposizione di interessi tra partiti e popolo che oggi va sotto la denominazione di "populismo". La Costituzione indica la via maestra per risolvere questa falsa contrapposizione affidando alle istituzioni repubblicane l'esercizio della sovranità. Tenendo conto delle dovute differenze, questo è il solco già tracciato a suo tempo dal diritto romano che riconosceva al popolo la potestas e affidava al Senato l'auctoritas.

Popolo è dunque una parola difficile da utilizzare. Insieme ad altre parole dotate di alta densità semantica e quindi ambigue (libertàdemocraziagiustizia), il popolo è una delle prede preferite dei "ladri di parole":
≪Cambiare i significati - o, più semplicemente, confonderli e cancellarli - è la premessa per l'impossessamento abusivo delle parole chiave del lessico politico e civile. Esse vengono distorte, piegate, snaturate, e infine scagliate con violenza contro gli avversari [8].≫
Alcide De Gasperi, Pietro Nenni e Palmiro Togliatti sovra-utilizzano in modo significativo (test della ipergeometrica, p<0,001) la parola popolo nel contesto della ricostruzione post-bellica e dei rapporti internazionali più pressanti. Non vi sono ambiguità nella sua utilizzazione e il significato è largamente condiviso.
Per esaminare un elenco più esteso di concordanze cliccare qui.

Alcide De Gasperi:
I 522 non c'è patria senza giustizia verso il popolo che lavora;
I 1074 per affrontare il verdetto del popolo, non come strumento di tirannia.
I 1074 quando si fanno le elezioni è al popolo che ci si rivolge.

Pietro Nenni:
I 147 consapevoli menzogne di fronte a tutto il popolo.
I 349 per costruire case, scuole ed ospedali per il popolo, in tutte le province.
II 6 un elemento di demoralizzazione e di sfiducia del popolo nella democrazia.

Palmiro Togliatti:
I 145 bisogna però prima di tutto dire chiaramente al popolo le cose come stanno,
III 11 alle forze di avanguardia del popolo lavoratore
IV 78 la sovranità appartiene al popolo e per esso al Parlamento.

Tra i leader della Seconda Repubblica, la parola popolo è sovra-utilizzata da Berlusconi, Bertinotti, Bossi e Fini con intenti spesso polemici oppure con riferimenti che nulla hanno a che fare con l'idea di popolo, il popolo dei consumatori. Il popolo inteso come principio di rinnovamento e di autenticità del rapporto politico anticipa le future involuzioni populistiche.
Per esaminare un elenco più esteso di concordanze cliccare qui.

Silvio Berlusconi:
XIII 135 riconoscere la verità del rinnovamento voluto dal popolo.
XIII 135 noi vogliamo che il popolo diriga lo Stato, non che lo Stato diriga il popolo.
XVI 4 alle giovani famiglie, al popolo dei consumatori e dei risparmiatori,
XVI 375 critiche aprioristiche al Governo e a chi ha avuto dal popolo il mandato a guidarlo.

Umberto Bossi:
XI 171 la sua immagine autentica di popolo fatto di cittadini onesti,
XII 102 il popolo, l'unica vera fonte di rinnovamento,
XIII 253 cioè senza il popolo, ma con una decisione di palazzo,
XIII 714 verrete semplicemente cancellati del disprezzo del popolo

Gianfranco Fini:
X 667 il Parlamento non può impedire per principio al sovrano reale, al popolo, di pronunciarsi
X 667 i parlamentari rappresentano il popolo e non i partiti
XII 7 un popolo che non ha memoria storica non è più una nazione

La maggior parte delle espressioni multiparola, come i sintagmi nominali popolo+aggettivo, non sono sufficientemente rilevanti per essere lessicalizzati e conteggiati come unità polirematiche. Fanno eccezione tre sintagmi: popolo italiano, popolo palestinese e popolo sovrano.
Popolo italiano (777 occorrenze) è sovra-utilizzato da Almirante, Bossi, De Gasperi, Moro e Togliatti; popolo israeliano (69) è sovra-utilizzato da Andreotti, Craxi e Fini; mentre popolo sovrano (38) è sovra-utilizzato in modo significativo solo a Almirante.

La gente - parola che non ha inizialmente valenza politica - si fa strada nel linguaggio politico agli inizi degli anni Novanta, come termine pre-politico, alla ricerca di una forma di autenticità, di una sostanza di verità che per alcuni non aveva espressione e rappresentanza in quel mondo della politica che era uscito distrutto da Tangentopoli. I politici vicini al sentire comune della gente parlano il gentese. Così si esprime il Corriere della sera parlando di Silvio Berlusconi "il primo presidente del Consiglio che ha abbandonato il 'politichese' per parlare il 'gentese', una lingua chiara e semplice in grado di entrare immediatamente in contatto con la gente" (19 maggio 1994).

Nel corpus LP4 la parola gente è sovra-utilizzata da Almirante, Bertinotti, Bonino, Bossi, Casini, De Mita e Pannella, ma non si delinea con chiarezza e precisione un suo uso "sostitutivo" rispetto alla parola popolo. Sicuramente il termine è caratteristico della fase storica più recente ed emerge, almeno in parte, il tema del "distacco" dalla politica.
Per esaminare un elenco più esteso di concordanze cliccare qui.

Giorgio Almirante:
I 729 questo significa voler turlupinare la gente.
I 925 e la gente dice: costoro barano al gioco.
I 925 la gente viene ad assistere ai nostri comizi

Fausto Bertinotti:
XII 268 la politica si sta troppo distaccando dalla vita della gente e dalla semplicità.
XII 310 il palazzo ignora il paese reale, i suoi problemi e la gente, molta gente, perde interesse per la politica.
XIV il programma è una bandiera issata sulla testa della gente,

Emma Bonino:
VII 27 identificazione dei bisogni della gente, dei bisogni dei pensionati, dei vecchi, delle donne
VII 162 da quello che vivo con le compagne in mezzo alla gente,
VII 264 sarà la gente a dire se l'aborto è un reato o no.

Umberto Bossi:
XI 171 potrebbe servire moltissimo a tanta gente che qui parla senza capire bene le cose.
XII 126 evidentemente, in questo parlamento c'è gente che non conosce bene l'italiano,
XIII 714 quando la gente tirava le monetine e insultava per strada gli amici

Pier Ferdinando Casini:
XII 102 non ha niente a che fare con un rapporto con la gente e con la politica.
XII 270 pasticciata e confusa, ancor più incomprensibile per la gente.
XIII 253 per dare la parola alla gente, affinché possa esprimersi
XV 120 ritengo che non ci si possa lamentare se la gente è sempre più distante dalla politica.

Ciriaco De Mita:
IX 630 prioritario ed essenziale il dare voce ai problemi della gente, con azione continua
IX 630 la domanda di partecipazione che c'è tra la gente
X 116 la sfida per recuperare alla politica il consenso della gente.

Marco Pannella:
VIII 210 noi non siamo mai stati quella gente da operetta che credevate noi fossimo
IX 38 avendo paura che nella sua laicità la gente giudichi, ecco a che punto stiamo arrivando!
IX 47 follia del potere, dei governi, in cui la gente non deve sapere,
IX 349 che deve rispondere dinanzi alla gente in occasione delle elezioni,

Paese, molto meno impegnativo rispetto a popolo,  è di gran lunga il termine più utilizzato, gradito in particolare da Massimo D'Alema e Romano Prodi, secondo Giuseppe Antonelli [9]. Questa preferenza è confermata nel corpus LP4 in cui paese è sovra-utilizzato in modo significativo da quasi tutti i leader della sinistra e del centro sinistra (Berlinguer, Bersani, Bertinotti, Bindi, D'Alema, Nenni, Occhetto, Prodi, Saragat, Togliatti e Veltroni) ma anche da Berlusconi, Bossi, Casini e La Malfa, connotandosi così come termine neutrale [9].

Nazione e patria sono sovra-utilizzati dai leader degli anni Cinquanta e Sessanta, come Almirante, De Gasperi, La Malfa, Nenni, Saragat e Togliatti.

Una sintesi di queste osservazioni è rappresentata nella figura 1 in cui si riporta il risultato di una analisi statistica multidimensionale [10] basata sulla studio della correlazione fra parole e testi (i discorsi dei leader). La mappa può essere interpretata tenendo conto della vicinanza tra i punti (le parole e i leader). Quanto più i punti sono vicini sul piano tanto più le entità che essi rappresentano si possono considerare correlate tra loro. L'analisi è stata effettuata su tutte le parole del vocabolario con occorrenza almeno di 10 (circa 21.000 punti), ma in questo caso, per facilitare la lettura, sono evidenziate soltanto le parole e i sintagmi che si riferiscono al campo semantico in esame.

Fig. 1 - Mappa delle parole significative del campo semantico popolo-gente corrispondenti ai leader.


Sull'asse orizzontale delle ascisse i leader si dispongono secondo la modalità retorica che più li caratterizza: un deciso tono polemico da parte di Almirante, Pannella, Di Pietro e Bonino; un lessico più moderato e istituzionale da parte di Cossiga, Spadolini, Moro, Prodi. Non deve stupire in questo ambito la presenza di Berlusconi che nei discorsi in aula utilizza un lessico formale molto meno incisivo rispetto a quello propagandistico al quale deve buona parte della sua notorietà, almeno inizialmente [11].

Sull'asse verticale delle ordinate la disposizione segue a grandi linee un andamento storico-cronologico: sul semiasse superiore Togliatti, Nenni, Saragat e De Gasperi, attivi soprattutto nelle prime tre legislature, al centro Moro, Berlinguer, Andreotti, Craxi e Cossiga, i leader delle legislature del centro-sinistra e successivamente del pentapartito; in basso tutti i leader della Seconda Repubblica.

Si osserva una decisa caratterizzazione delle forme popolo, patria e nazione in connessione con i leader della ricostruzione, mentre la forma gente è correlata con l'area polemico-critica dei tempi più recenti. Paese si conferma come parola di "centro", come riferimento collettivo a un Noi inclusivo di tutte le forze politiche e sociali, salvo il sintagma popolo sovrano invocato sempre con l'intento di sottolineare la distanza crescente tra il popolo e le istituzioni politiche. La prossimità con l'opposizione paese legale e paese reale, che indica il contrasto esistente tra i ceti popolari e chi detiene il potere, completa ulteriormente questo quadro. Da sottolineare che l'uso di queste espressioni è specifico per entrambe solo nei discorsi di Giorgio Almirante.

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